Intorno
alle ceramiche di Sartori
Tino Sartori nasce a Samarate, in provincia di
Varese, nel 1956. E’ l’ultimo dei cinque figli di una famiglia
semplice che gli permette una vita semplice senza sprechi inutili. Lo
sforzo dei genitori consiste soprattutto nel garantire ai figli un buon
livello d’istruzione. Tino Sartori infatti riesce a frequentare la
facoltà d’architettura a Milano. Dopo la laurea avvenuta a pieni voti
nel 1980, lavora inizialmente per alcuni anni nel restauro architettonico
e pittorico. Interviene nelle chiese situate nelle vicinanze come quella
di Tornavento, Vizzola Ticino e Castano Primo.
Proprio in questo periodo dipinge saltuariamente tele ad olio e acquerelli
affrontando svariati temi. Nel 1981 costituisce una scuola di ceramica
all’interno dell’Università Popolare di Samarate grazie anche alla
partecipazione di alcuni artisti.
All’Università Popolare di Samarate conosce il Maestro Luciano Morosi,
pittore scultore e ceramista che è vissuto tanti anni in Brasile, nel
1967 espose alla Biennale internazionale di San Paolo conseguendo un buon
successo artistico.
Il rapporto con il Maestro Moro si sarà determinate per la sua
formazione, da lui infatti apprenderà l’amore per la ceramica e le
tecniche di lavorazione. Nel 1982 hanno inizio i suoi viaggi che dureranno
un decennio. Visiterà diversi paesi dell’America Latina, dell’Africa
e dell’Oriente a volte come semplice visitatore, altre volte per
svolgere alcuni lavori di cooperazione allo sviluppo.
Da questi viaggi e dai contatti con culture molto diverse e interessanti,
Sartori approfondirà gli studi sulla ceramica precolombiana incaica,
marajoara e del Nicaragua. Visitando luoghi incontaminati dal turismo di
massa come in Congo e in Camerun, incontrerà e conoscerà le più remote
tecniche indigene di lavorazione della ceramica.
Sviluppando il suo impegno nella «cooperazione internazionale allo
sviluppo» si specializzerà in "Architettura in terra"
studiando e visitando paesi come l’Egitto, il Marocco e la Tunisia c e
si distinguono per la loro lunga tradizione costruttiva in terra cruda.
Troverà in quest’architettura un calore ed un’emozione profonda che
è trasmessa sia dalla materia usata (la terra), sia dalle linee curve
presenti nelle forme, sia dai colori caldi usati nelle decorazioni. Nei
primi anni Novanta il suo sforzo è teso ad integrare la ceramica
nell’architettura e per questo approfondisce gli studi su Gaudì e
Leger visitando più volte Barcellona e la “Fondazione Leger” a Biot.
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